Tutti gli italiani che lavorano pagano dei contributi all’AGO – Assicurazione Generale Obbligatoria, gestita dall’INPS – Istituto Nazionale per la Previdenza Sociale.
I lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, rappresentanti, ecc,) pagano i contributi mendiate i modelli F24.
Per i lavoratori dipendenti i contributi (e le tasse) vengono versati dal datore di lavoro ed il dipendente riceve lo stipendio netto.
I liberi professionisti hanno invece della casse previdenziali di categoria.
I contributi versati servono per le prestazioni assistenziali, ossia per il pagamento delle pensioni.
Nel nostro Paese, quando parliamo di pensioni pensiamo alla pensione ci verrà pagata quando smetteremo di lavorare.
Ma in realtà esistono 6 tipi di pensioni, che vengono liquidate dall’INPS:
- la pensione di invalidità
- la pensione di inabilità
- la pensione ai superstiti
- la pensione di anzianità, che ora viene chiamata – dopo la Riforma Fornero (1) – la pensione anticipata
- la pensione di vecchiaia
- la pensione di reversibilità
La pensione di invalidità va suddivisa in:
- l’ assegno ordinario di invalidità (Legge 222/1984) , che viene liquidato quando si ha una riduzione della capacità di lavorare superiore a 2/3, ossia una invalidità permanente da infortunio o da malattia superiore al 66,7%. E’ necessario che vi siano almeno 5 anni di contributi (di cui almeno 3 nei 5 anni precedenti). Per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996, viene applicato il sistema di calcolo contributivo, che è stato introdotto dalla Riforma Fornero (1). Con questo sistema il calcolo dell’importo dell’assegno ordinario di invalidità è molto semplice: il montante contributivo viene moltiplicato per il coefficiente di trasformazione del capitale in rendita, che è determinato in funzione dell’età. Per età inferiori a 57 anni è uguale per tutti. Il metodo di calcolo contributivo non prevede (diversamente dal precedente metodo di calcolo retributivo) la integrazione al minimo. Se l’infortunato continua a lavorare, allora l’assegno può essere ridotto del 25% oppure del 50%, in funzione del reddito percepito: fino a circa 27.000 € non vi è alcuna riduzione, per redditi superiori a circa 34.000 € è prevista una riduzione del 50%, mentre per i redditi nella fascia intermedia la riduzione prevista è del 25% L’assegno viene liquidato per 13 mensilità e per 3 anni e poi vi è la revisione dello stato di invalidità E’ soggetto a tassazione IRPEF.
- la pensione di invalidità civile (Legge 118/1971), che viene liquidata ai cittadini italiani, indipendentemente dal fatto che abbiano versano dei contributi, che siano degli invalidi civili, con una invalidità del 74-99% e che abbiano una età compresa fra 18 e 67 anni. Non è reversibile e non è compatibile con altre prestazioni, né con l’attività lavorativa. Viene liquidata per 13 mensilità e nel 2022 è pari a 291,98 € (esenti da tassazione IRPEF)
La pensione di inabilità va suddivisa in:
- la pensione di inabilità (Legge 222/1984 e 335/1995) viene liquidato quando si ha una invalidità permanente del 100%, ossia si è assolutamente impossibilitati a lavorare. E’ necessario che vi siano almeno 5 anni di contributi (di cui almeno 3 nei 5 anni precedenti). Non ha una durata, ma può essere revocata su iniziativa dell’INPS. Per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1996, viene applicato il sistema di calcolo contributivo che viene utilizzato per il conteggio della pensione di invalidità, ma in questo caso la montante contributivo vengono aggiunti i contributi figurativi, ossia i contributi che l’invalido avrebbe versato se avesse potuto continuare a lavorare Il metodo di calcolo contributivo non prevede (diversamente dal precedente metodo di calcolo retributivo) la integrazione al minimo. Viene liquidata per 13 mensilità. E’ reversibile ai superstiti. E’ soggetta a tassazione IRPEF.
- La pensione di inabilità civile (Legge 118/1971) che viene liquidata ai cittadini italiani, indipendentemente dal fatto che abbiano versano dei contributi, che siano degli invalidi civili, con una invalidità del 100% e che abbiano una età compresa fra 18 e 67 anni. Non è reversibile e non è compatibile con altre prestazioni. E’ previsto anche un requisito in relazione al reddito, che deve essere inferiore a poco più di 17.000 € lorde annue. Viene liquidata per 13 mensilità e nel 2022 è pari a 291,98 € (esenti da tassazione IRPEF)
La pensione ai superstiti e la pensione di reversibilità è quella che viene liquidata al nostro coniuge (con determinati limiti di reddito) e ai nostri figli (con determinati limiti di età) quando veniamo a mancare, rispettivamente, durante l’età in cui lavoriamo oppure durante l’età in cui siamo in pensione.
In particolare,
- la pensione ai superstiti è calcolata come una quota della pensione di invalidità
- la pensione di reversibilità è calcolata come quota della pensione anticipata o di vecchiaia
Le quote sono le seguenti:
- solo il coniuge: 60%
- coniuge con un figlio: 80%
- coniuge con 2 e più figli: 100%
- sono un figlio: 70%
- due figli: 80%
- tre o più figli: 100%
Sono previste anche delle quote quando esistono solo genitori o fratelli o sorelle
La pensione anticipata viene liquidata nel 2022 (e fino al 2026) , indipendentemente dall’età, con 42 anni (41 anni per le donne) e 10 mesi di contributi.
Le penalizzazioni che erano state previste dalla Riforma Fornero (1) per la pensione anticipata sono state soppresse (Legge 232/2016).
Resta chiaramente la “penalizzazione” della minor contribuzione, che riduce l’importo della pensione anticipata rispetto alla pensione di vecchiaia
La pensione di vecchiaia viene liquidata in funzione all’età. Dal 2012, anno di entrate in vigore della Riforma Fornero (1), il requisito dell’età si è innalzato progressivamente. Nel 2022 si va in pensione a 67 anni.
(1) il D.Lgs. 201/2011, noto come Riforma Fornero, ha riformato il sistema delle pensioni del nostro paese, che è entrata in vigore nel 2012.
Prima della riforma, il conteggio dell’ammontare delle pensioni veniva effettuato con un sistema retributivo, che teneva conto della retribuzione e viene applicato a tutti coloro che alla data del 1/1/1996 avevano più di 18 anni di contribuzione
Dopo la riforma, il conteggio viene effettuato con il metodo contributivo, che tiene conto dei contributi effettivamente versati.
Per conteggiare le pensioni si prende il montepremi contributivo (l’ammontare dei contributi versati e rivalutati) e lo si moltiplica per il coefficiente di conversione del capitale in rendita, che viene stabilito dalla legge – e rivisto ogni 3 anni in funzione dell’andamento delle aspettative di vita – in funzione all’età. Per età inferiori o uguali a 57 anni il coefficiente è uguale per tutti.
Per ridurre le pensioni è oggi sufficiente che lo Stato riduca i coefficienti di conversione.
Per tutti coloro che hanno iniziato a lavorare prima del 1996, ma a quella data avevano meno di 18 anni di contribuzione, viene applicato un sistema di calcolo misto
Secondo la mia modesta opinione personale, la riforma delle pensioni ha alleviato il problema ma non lo ha risolto.
Il problema fondamentale sta nel fatto che il sistema delle pensioni in Italia è un sistema a ripartizione. Significa che le pensioni vengono pagate con i contributi che vengono versati da lavoratori.
La domanda sorge spontanea: dato l’andamento demografico della popolazione italiana, chi pagherà le pensioni agli attuali lavoratori?